La distanza più breve.

aprile 2, 2024

«Ecco, ciclo di macellazione. Sia da studente che da manager della Grande Distribuzione Organizzata aveva utilizzato locuzioni tipiche – qualità nutrizionale, regime alimentare – perché così imponeva, e impone, ogni linguaggio tecnico ripetuto in modo meccanico. Ogni linguaggio tecnico utilizza parole condivise con linguaggi tecnici di altri settori; da alcuni decenni, per esempio, sembra sia impossibile sottrarsi al sostantivo filiera: filiera del libro, filiera della carne».

Una storia semplice dice tanto di noi. Ce la porta Giorgio Falco, ragionando sulla distanza, a partire delle vicende di un giovane junior buyer.

Si legge qui –> https://bit.ly/TheItalianReview_Distanza

#TheItalianReview#Rivista#Cultura

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https://www.theitalianreview.com/writer/giorgio-falco/

Terza giornata in attesa del Campania Libri Festival 2023, lunedì 19 giugno, nelle meravigliose cornici del Convitto Nazionale e del Duomo della città di Salerno.

Nel corso dei due incontri che hanno caratterizzato la serata, Massimo Adinolfi ha condotto la presentazione de Il paradosso della sopravvivenza, opera di Giorgio Falco

Un racconto di Giorgio Falco per The Italian Review.

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Si legge qui –> https://bit.ly/TheItalianReview_Agosto

“La madre inclina la bomboletta spray verso il male invisibile. Quando spruzza nell’aria diffonde una piacevole fragranza fresca, tace e ha il volto rasserenato.

Elimina anche gli insetti che non vedi.”

Convitto Nazionale Torquato Tasso Salerno, Largo Abate Conforti, Salerno, SA, Italia h. 20.30

Salerno – Nell’ambito del festival “Salerno Letteratura”, Giorgio Falco presenta il suo nuovo libro Il paradosso della sopravvivenza alle ore 20.30 presso Corte interna del convitto nazionale Torquato Tasso. In dialogo con Massimo Adinolfi.

Lui si chiama Federico Furlan, detto Fede, ma per tutti a Pratonovo è soltanto «il ciccione». In famiglia, a scuola, e poi da adulto, sul lavoro, Fede non può mai dimenticare il peso che si porta addosso, la tenera e inseparabile corazza di carne che lui foraggia costantemente a suon di cibo. Eppure, anche se infelice, Fede si sente invincibile. Il suo medico gli ha illustrato «il paradosso della sopravvivenza», bizzarra teoria clinica secondo cui le persone obese avrebbero un tasso di mortalità inferiore rispetto a quelle normopeso, come se il grasso facesse da scudo alle minacce del mondo.

Le cose cambiano quando Fede conosce Giulia, consapevole di essere bellissima e forse ignara di trovarsi pericolosamente vicina all’anoressia. È lei a proporgli un gioco dalle regole spietate. Provate a immaginarli nudi, l’uno di fronte all’altra, lei quasi invisibile e lui che riempie tutto lo spazio: durante i loro incontri Fede ha il divieto assoluto di toccarla, e l’obbligo di mangiare senza sosta tonnellate di cibo. Giulia lo domina, fredda e dispotica, e per difendersi non c’è corazza che tenga. Così, pieno di vergogna, Fede prende l’unica strada che gli resta: quella della fuga.

Giorgio Falco ha scritto un romanzo che contiene moltitudini: la desolazione di un paesaggio alpino non troppo dissimile dalle periferie industriali, la reificazione delle emozioni e dei pensieri, il controllo che la pornografia esercita sulle nostre pulsioni, la lotta quotidiana per la sopravvivenza che regala improvvisi lampi di comicità. Grazie a un protagonista che arriva a fagocitare se stesso, Falco ragiona su tutti i corpi – sessualizzati, perfetti, respinti, inadeguati, storpi, desiderati, mortificati, accolti – con cui ogni giorno ciascuno di noi entra in rotta di collisione.

«Il mondo è il mio peggior nemico. Io sono il mio nemico».

Edizioni Einaudi

Maggio 25, 2023

Per info 👇

«[…] si sente allontanare dal corpo, condotto ai margini della lentezza dove, un attimo prima di morire, ci si guarda morire».

Per il Festival dei Matti

Sabato 27 maggio | ore 17.30 | al Teatrino di Palazzo Grassi – Punta della Dogana

Gianni Montieri converserà con Giorgio Falco del suo romanzo “Il paradosso della sopravvivenza” (uno dei migliori libri di quest’anno, il libro lo troverete al Salone di Torino – se ci andate – l’autore, invece, non ci sarà)

di Nicola H. Consentino

Se mai nel mondo dei lettori, sarà indetto un referendum sull’uso della domanda «Di che parla questo romanzo?», Il paradosso della sopravvivenza di Giorgio Falco (Einaudi, 2023) dovrebbe comparire tra le prove a sostegno dell’abrogazione. Perché è uno di quei libri impossibili da sintetizzare senza sradicarli, e quindi senza causare smottamenti nel terreno su cui sarebbero dovuti fiorire. Un’insidia tuttavia c’è, e si palesa fra il tredicesimo e il diciottesimo capitolo, quando Falco racconta i vent’anni del protagonista: qui, il romanzo raggiunge una vetta – non necessariamente in termini di qualità letteraria, forse solo di presa – che distoglie l’attenzione da ciò che c’è stato prima e da quello che verrà dopo, istigando a questa sintesi: «Il paradosso della sopravvivenza parla di due ragazzi – lui obeso, lei quasi anoressica – che stringono uno strano patto sessuale». 

Ecco, non è vero. Non del tutto, almeno. Tanto per cominciare, il protagonista è uno: Federico Furlan detto Fede, l’unico ragazzo sovrappeso di Pratonovo, paese immaginario del Trentino. Falco gli dà dei connotati dopo ottanta pagine, come premio di maturità: «Adesso che Fede è maggiorenne» scrive «si merita una descrizione, sebbene sia considerato soltanto un ciccione, un anomalo ciccione alpino, un ciccione che ha qualcosa del ciccione newyorkese, del ciccione siberiano, del ciccione andaluso, del ciccione tibetano, qualcosa che rende un ciccione simile a un qualsiasi altro ciccione, invisibile a dispetto della mole». Prima di questo momento, cioè prima dell’assegnazione di un’individualità, i temi-motore del romanzo sono le ragioni che portano un bambino come gli altri a desiderare soprattutto, se non soltanto, il cibo. Quando è iniziata, questa fame che non dà tregua? Con la decisione della mamma di ricorrere, a un certo punto, forse troppo presto, al latte in polvere? O prima ancora che Fede nascesse, col vuoto lasciato in famiglia dalla morte del nonno, da tutte le morti del mondo? Forse un vero responsabile non c’è: anche il corpo, col suo apparato meno visibile e più determinante, quello delle voglie e delle esigenze, segue le regole del caso.  Sembrerebbe di sì, visto che il suo scopo, l’unico, è andare avanti, spegnersi il più tardi possibile; sopravvivere. E la sopravvivenza, in senso assoluto, è il vero filo conduttore della storia di Fede, spesso intervallata da episodi di schianti: c’è il racconto autobiografico dell’unico superstite alla caduta di una cabina della funivia – «Era stato assurdo non morire: un paradosso, sopravvivere» – e un bellissimo capitolo in cui si danno la staffetta gli incidenti di Luca, Mario e Granit, scampati, per ragioni diverse, da morte certa. L’ultimo sopravvissuto, o meglio, il sopravvivente, è proprio Fede. La sua è quasi una vocazione: da ragazzino, il dottor Cles gli ha riferito che, «secondo alcuni medici americani, un obeso non ha più possibilità di morire rispetto a un uomo magro. Anzi, gli obesi, con scompensi cardiaci o dopo un evento cardiovascolare, hanno un tasso di mortalità inferiore rispetto ai pazienti magri. Il paradosso della sopravvivenza. Secondo questa teoria, ciò che ci uccide ci protegge». Forse per questo, finito il liceo, Fede si lega a Giulia. Ricca, popolare, molto magra – «una mezza anoressica, come quasi tutte le donne», dice di sé –, lo invita nella sua dépendance e lo costringe a una specie di gioco di dominazione: entrambi nudi, a debita distanza, lui guarderà lei e lei guarderà lui, costretto (cioè finalmente autorizzato) a mangiare fino alla nausea. Fede, insomma, eccederà per entrambi. Il gioco prosegue per anni, e un po’ li avvicina – Giulia reprime il pene di Fede in una gabbietta di cui solo lei ha la chiave – e un po’ li allontana. Dopo una “sessione” particolarmente intensa, il ragazzo lascerà Pratonovo per Milano, cambiando vita all’improvviso. 

Qui il tema cambia ancora, si avvicina alle zone concettuali in cui è più facile incontrare Giorgio Falco. Fede diventa una specie di maschera del lavoratore disumanizzato, e perde i connotati conquistati a diciotto anni. Anche i colleghi di Milano lo chiamano «Fede il ciccione», ma prima e più di questo è Fede-il-dipendente-come-mille-altri, sballottato fra mestieri alienanti e sminuenti – «la precisione non interessa a nessuno», gli dicono – e in cui il ricambio di personale è vorticoso – «Tre mesi è un’anzianità?», «Qui sì». Tra questi, l’impiego in una società di servizi informatici che applica i tag ai siti porno e sceglie gli aggettivi per le previsioni del tempo. Per il porno bisogna essere spietati, efficaci ed estremamente comunicativi, cioè catalogare le persone come Fede è stato catalogato a Pratonovo, in base ai loro corpi e a ciò che coi corpi si fa. Per le previsioni, invece, meglio non scontentare nessuno: «La pioggia leggera diventa debole, moderata diventa leggera, forte diventa moderata». Solo a proposito dell’aspetto fisico, dunque, non si può fingere.

Per chi ha già apprezzato Giorgio Falco, Il paradosso della sopravvivenza si leggerà come un duello interiore tra le sue anime: quella che racconta vite e destini (La gemella H, 2014) costellandole di felici invenzioni letterarie e quella che si interroga su quanto, queste vite e questi destini, siano condizionati dal lavoro (Ipotesi di una sconfitta, 2017 e Flashover, 2020). Anche il linguaggio, qui, segue binari diversi. 

I dialoghi di Fede con Giulia sono aforistici, surreali; «scolpiti», dicono loro. Quelli coi colleghi di Milano, o coi genitori, sono invece più semplici, scattanti; in linea con ciò che chiede il sistema: concretezza, realismo, rapidità. Questa alternanza è la quota artistica e politica del romanzo, nel senso che l’equilibrio fra verosimile e surreale, o fra poesia ed economia, agisce come un cambio di valuta o di fondale, sul solco (ci riescono in pochissimi, quasi nessuno) di Don DeLillo; e dice: noi occupiamo lo spazio in base a come parliamo. Fede, prima che il suo corpo, prima che il suo lavoro, è le parole che usa e ascolta. Ha vissuto nella letteratura – che è la dimensione espressiva del voler vivere e non del sopravvivere – unicamente con Giulia, all’interno di una bolla lirica, di confini abbattuti. Da questa bolla, lei si è sottratta una sola volta, urlandogli contro: «Come osi starnutirmi nella figa?». Una frase, un’immagine, un’idea che non esiste in nessun altro romanzo del genere. E questa, si converrà, è arte contemporanea. 

(Snaporaz, 27 marzo 2023)